lunedì 26 dicembre 2016

Qual è davvero il femminismo?

Perché il femminismo non è reversibile all'egualitarismo, ma chi è l'"egualitario"?

Eccomi con un'altro post sul femminismo. "Chi disprezza, compra" direte voi. E in effetti sì, nonostante non è mai stato mai il mio intento disprezzare un movimento così ampio se non il modo in cui "certe persone" lo portano avanti, motivo per cui, dato che oggi voglio parlare del femminismo in sé come ideologia e no come movimento, del mio punto di vista che non ha la pretesa di essere l'unico giusto, ma soltanto uno dei tanti che ci sono, ed è giusto che ci siano perché non si andrebbe da nessuna parte se nessuno imparasse dall'altro, questa volta sarò più pacata; proprio perché pensato come flusso di coscienza, non avrà eccessive formattazioni nel testo, che di solito uso per farvi concentrare e riflettere su determinate frasi, per essere il più fluido possibile. 
Il femminismo, che io voglio vedere dal punto di vista dell'attivismo è un argomento che mi ossessiona e appasiona così tanto che mi riduco anche alle 3 di notte a leggere i più svariati articoli su di esso per capirci ancora meglio qualcosa. È normalissimo, lo so! Ma bando alle ciance, ora iniziamo.

Il femminismo mi fa compassione, perché è talmente variegato che divide tutti e non viene capito da nessuno, tipo la religione. L'unica cosa che accomuna è il definirsi "femminista" ma ai fatti, le persone prendono per femminismo ciò che meglio gli conviene, andando anche uno contro l'altro. Per questo motivo esistono molte ondate e molte tipologie di femminismo, ma credo che se si voglia caricarsi di questa etichetta, è giusto che ci si fa carico di tutto il patrimonio. È come se si volesse bene ad una persona e gli si dicesse "Aspetta, ti prendo a metà o questa parte perché è quella che preferisco e per cui ti ho scelto". So che è un esempio un po' eufemistico ma tant'è, secondo la mia integrità, quando mi devo fare carico di qualcosa, la prendo tutta o niente. Come faccio con la Psicologia, ad esempio: io ho una totale fiducia in essa, anche nelle cose che non mi convengono; sono alla ricerca quindi di un attivismo così.
Ecco, è un patrimonio troppo gravoso per la mia persona, per il momento almeno. 
Avrete capito adesso, se siete davvero perspicaci che la domanda del titolo non l'ho messa giusto per poi darvi una risposta generale, non sarei nessuno peraltro per farlo e darla con certezza, quanto una risposta a me stessa. Si scrive per prima per se stessi d'altronde.
Per il momento mi definisco quindi "egualitaria" perché mi sento nel mezzo, fra le cose su cui sono d'accordo e altre su cui non lo sono, è parecchio frustrante come cosa perché non si hanno mai certezze totali. Ma ripeto, io non sono nessuno per giudicare quale cose siano giuste e quale le sbagliate sulla pelle delle altre persone, almeno fino a quando gli altri non pretendono di decidere per la mia persona; per la mia integrità mentale ripeto, ho bisogno di prendere una posizione netta e per il momento il "tipo" di femminismo che mi si confà maggiormente è più il femminismo che si avvicina all'egualitarismo, nonostante il fatto che il femminismo non è reversibile all'egualitarismo. Ma ora come ora la parola "femminismo" rievoca alla un sacco di fatti, qualcosa di più definito rispetto all'egualitarismo. Quindi chi è esattamente un "egualitario"?
Se cercate su internet la definizione di egualitario, vi spunterà che è una "teoria morale che promuove l'uguaglianza di tutti gli esseri umani con una concezione politico-sociale, tendente a realizzare un'uguaglianza di fatto fondata sull'equa ripartizione dei beni tra tutti i membri della collettività, ponendo in risalto che l'uguaglianza di tutti gli esseri umani dei diritti e delle opportunità è in ambito politico, economico, sociale e civile e deve sempre prevalere in tutti gli aspetti della civile convivenza delle società umane." Ma quanto si parla di femminismo, si parla prettamente e soprattutto di "uguaglianza di genere", quindi prendendo in causa l'egualitarismo fra i due sessi che citando afferma che "propugna l'uguaglianza dei diritti di tutti gli individui, indipendentemente dal loro sesso di appartenenza", rielaborerei che: l'egualitario è colui che essenzialmente si batte affinché nella valutazione della persona, non ci si soffermi sulla dicotomia del sesso o genere poiché crede che il raggiungimento della parità, si basi sul valorizzare le abilità della persona in quanto persona e no dalle caratteristiche determinate dal sesso, dalla razza, di lingua, di religione, di orientamento sessuale, di opinioni sociali, politiche, culturali, di condizioni personali e sociali di appartenenza, in modo tale che tutto sia equo.

Il femminismo può essere inoltre ricondotto a una macro-categoria di categorie sempre più piccole e infatti di solito di usa dividerlo in ondate (prima, seconda e terza, anche se al momento si parla di un addentramento nella quarta) e in "tipologie" come il femminismo liberale, quello socialista, quello anarchico, quello delle "suffragette", quello radicale, quello accademico, quello separatista, quello autoritario, quello lesbico, quello nero, quello bianco, quello cyber oppure per paesi come quello statunitense, quello inglese, quello francese, quello olandese e infine anche l'italiano.
Per facilitare la mia spiegazione però, lo suddividerò in due macrocategorie che sono il "femminismo classico" e il "femminismo moderno". Sostanzialmente intendo per "femminismo classico" quello tipico, quello delle origini il cui scopo era evidenziare che le donne sono molto più di un bel corpo come incubatrice, che dentro quel corpo c'è un cervello di abilità pari a quello maschile e in quanto tale deve essere preso in considerazione, che le donne non sono madri o casalinghe ma lavoratrici e donne che hanno il diritto di decidere per il proprio corpo; e per "femminismo moderno" quello maggiormente sviluppato sul web in cui, aprendo la nuova quarta ondata, nel dibattito sono stati invitati anche gli uomini, sia perché non è possibile raggiungere la parità se non si tengono conto dei due lati della medaglia e sia perché anche gli uomini non devono essere discriminati o additati con "insulti femminili" perché non c'è nulla di sbagliato nella femminilità, oltre come promulgatore di donne che devono essere libere di fare le proprie scelte senza che si debba cadere in un nuovo "matriarcato" più aderente al femminismo classico. Spiego meglio quest'ultimo punto:
per il femminismo classico sarebbe stato quasi un disonore, dopo tutte le lotte, che le donne scegliessero di fare le casalinghe mogli, cosa a cui non avrebbero nemmeno pensato per vendetta (quando si è in pista o balli o balli) perché erano nel fuoco delle proteste, al contrario di ora che, aumentata la parità le donne che scelgono di fare le casalinghe hanno stessa dignità di chi sceglie di fare la lavoratrice (o almeno spero che siamo sulla stessa lunghezza d'onda, sì?)
In questa maniera, il ruolo della donna quando sceglie di essere casalinga o madre, si trova svilito. Cosa, che non trovo assolutamente giusta.
Girando nei più svariati siti, mi sono accorta che i punti su cui sono completamente d'accordo sono le affermazioni sul body-positive (come potete vedere è uno dei scopi del mio blog) e l'autodeterminazione personale, come il fatto che le donne non devono stare zitte per paura, per altre tipologie di cose, di cui vi parlerò dopo, il panico.
Non è così facile trovare qualcuno con cui ci si può sedere davanti ad una cioccolata calda d'inverno e un tè freddo al limone d'estate, per fare discussioni di questo genere, sapendo di essere sulla stessa lunghezza d'onda pur pensandola in maniera diversa. Mi spiego meglio. 
Io stessa per confrontarmi devo fidarmi del mio interlocutore e sapere che si fida di me tanto quanto io mi fido di lui. Non mi importa come gli asini parlare soltanto con le persone che la pensano come me: il discorso finirebbe sul "sono d'accordo" da una parte e lo stesso pappagalloso "sono d'accordo" dall'altra, una stretta di mano e ciao ciao. 
Mi piace invece valutare il mio interlocutore non specificatamente per il suo pensiero, ma per il modo in cui lo costruisce questo pensiero; parlare con una persona che la pensa diversamente da me lo preferisco perché mi permette sia magari di imparare cose nuove o addirittura di sbloccare il mio pensiero, facendomelo rielaborare in una nuova veste, più progredita (no nel senso di "moderna", non sono interessata alla "modernità" ma nel senso, "eraclitamente" parlando, di qualcosa che si è mosso e si continuerà a muovere, un "pánta rêi" continuo) come se vicendevolmente imparassimo l'arte maieutica come la intendeva Socrate, un "tirare fuori". È bellissimo sapere che da ogni singola persona è possibile ricavare qualcosa che ci tornerà utile, oltre che magari fare lo stesso effetto, questo scambio.
Ma di questi tempi (ma forse lo è stato sempre) è difficile attuare questi meccanismi perché in ogni confronto, ci si vuole sentire meglio degli altri, per inconsciamente avvalorarsi di pregi che non riusciamo a trovare non credendo nel proprio brio interiore, che si cerca così illusoriamente di rialzare. Si potrebbe facilmente dire di dare importanza solo alle persone giuste, ignorando le mele marce del destino, ma è difficile a farsi; è proprio come la questione di Lana Del Rey di "trovare la propria gente".
Altri punti su cui non mi trovo invece d'accordo, per quanto essi possano futili essere, riguardano le relazioni amorose, il matrimonio e la cosiddetta "cavalleria".
Vi racconto un piccolo aneddoto, d'altronde sono sul mio blog quindi non sarei fuori tema, e non sarebbe personale se non raccontassi anche di me.
Fino a qualche giorno fa, non lo avrei mai detto che a farmi truccare sarebbe stata una donna e non un uomo! 
Non fraintendetemi... (Ormai sul web occorre spiegare tutto altrimenti sembra automaticamente che si voglia denigrare qualcuno.)
1. Non intendo che sono diventata lesbica o bisessuale, e anche fosse non è tutto questo gran problema. Ma se avete pensato questo, siete fuori strada...
2. Avrete pensato questo collegandovi automaticamente allo stereotipo idea che la donna si trucca per compiacere il proprio partner...e qui ci avete quasi azzeccato. 
Chiarisco, io per prima, essendo per l'autodeterminazione delle persone, non credo che chi si trucca lo fa per avere l'attenzione dell'altro e anche se lo facesse per questo, davvero, son affari loro e dovremmo tutti rispettarli. Se il rispetto non fosse un concetto scontato, non ci sarebbe l'allergia alla questione e non si dovrebbe sottolineare di volta in volta che quando qualcuno si trucca lo fa per se stessi perché non sia mai che si ammettesse che certe volte ci si fa condizionare dagli altri.
Fino a poco tempo fa, anche io facevo parte di questa mischia, motivo per cui da ora parlerò solo per la mia persona.
Per quanto riguarda il "trucco in grande" (intendo fondotinta, occhi e tutta la make up routine), l'ho sempre messo  in occasioni particolari, ad esempio quando sarei dovuta andare ad una festa in cui ci sarebbe stata tanta gente per fare bella figura perché per pigrizia, mi son sempre scocciata a farlo tutti i giorni perché poi mi sarei dovuta struccare oltre che per il fatto, che mi piaccio anche senza trucco e anche nei "momenti no" poco mi importa. 
Tutto questo per quanto riguarda il "trucco in grande" perché per quanto vale i rossetti o gli smalti, li ho sempre messi per piacere personale di cui appunto ho collezioni strabordanti. 
La mia era per lo più una battuta, infatti col dire "è stata una donna a convincermi a truccarmi" intendevo che siccome adoro il modo in cui se lo metteva Oriana Fallaci (no esattamente sul bordo palpebra ma a metà con la coda all'insù, talmente sono esperta che non so nemmeno come si chiami), ho incominciato a metterlo pure io perché adoro come sembra, quando invece ho sempre pensato che se un giorno mi sarei dovuta convertire al make up, sarebbe stato per sembrare più carina agli occhi degli altri solo nel momento in cui mi sarebbe interessato il loro parere.
Credo che se si dovesse sviluppare un femminismo da questo punto di vista, un femminismo che tagli completamente il matrimonio fra le scelte delle donne, la maggior parte della società non sarebbe nemmeno pronta per l'avvento di questo femminismo sociale. Ci sono ancora mogli che delegano ai mariti e questo distacco dalle nuove generazioni permette solo di allontanare la costruzione della famiglia poiché nel periodo in cui le donne che pensano ai figli sono al loro massimo picco di fertilità (24-26 anni), devono pensare a studiare o immettersi nel mondo del lavoro che non è mai così facile. Con ciò non voglio dire che le donne non devono studiare o lavorare, assolutamente, ma che la società non è pronta per permettere entrambe le situazioni. Come nel discorso di Roxane Gay (che vi lascerò in seguito) mi ha fatto particolarmente riflettere questa frase: « Il problema non è che [la donna] scegliendo così (intende la vita matrimoniale) si rende economicamente vulnerabile, il problema è che la nostra società è costruita per rendere le donne economicamente vulnerabili se scelgono. Occupiamoci di questo. » 
Motivo per cui, femministe del passato continueranno a dire alle femministe del presente, che il matrimonio non è femminista ma solo una prigione, poiché è un'istituzione che nei secoli ha ridimensionato la libertà delle donne; Mary Wollstonecraft paladina del femminismo liberale durante la rivoluzione industriale autrice di "Rivendicazione dei diritti della donna" e madre di Mary Shelley (che conoscerete come autrice di "Frankenstein"), lo definì come "niente di più che uno stato di prostituzione legale".
Vi riassumo il pensiero femminista in merito al matrimonio, che rispetto ma non condivido, per poi ovviamente argomentarlo a mia volta: nonostante il graduale raggiungimento della parità, tutt'oggi il matrimonio non significa parità poiché è solo un modo per tramandare i privilegi maschili. 
Il detto "Auguri e figli maschi" che viene usato oggi per incorporamento della cultura, deriva dal passato ardente desiderio di avere l'erede maschio per tramandare il proprio cognome e la propria eredità, la sfilata della sposa accompagnata dal padre verso il marito è frutto che un tempo le donne venivano letteralmente, e non più come ora "tradizionalmente" parlando nel rito, viste come proprietà del loro padre e cedute al marito, anche per fattori economici. 
Oppure pensiamo all'abito bianco, che è un classico e un'abitudine ma vi siete mai chiesti perché bianco? È bianco perché simboleggia la "verginità fisica" della sposa, e trovare una donna non vergine (e se sapete come è costituita anatomicamente una donna, sapete anche che l'imene non è per tutte uguale) era segno di impurità e la donna veniva facilmente ripudiata come "merce usata", nonostante non accadeva lo stesso per il marito, che anzi era invogliato a fare "pratica" prima del matrimonio. E il cambiamento del cognome da nubile a quello da sposata? Si direbbe che è solo un modo per facilitare le burocrazie, ma in realtà è un marchio che si imprime così che subito si capisce a "chi si appartiene". 
Il matrimonio è stato dunque uno scenario adatto per opprimere l'indipendenza delle donne, tutt'oggi in cui esistono matrimoni forzati, spose bambine e poligamie, che evidenziano come il matrimonio sia una violazione dei diritti umani di donne e bambini. Si pensi che solo da pochissimo tempo lo stupro nel matrimonio o gli omicidi d'onore siano stati, in parte dell'Occidente almeno, considerati reati penali ma che in molti altri paesi del mondo sono fatti all'ordine del giorno. 
Insomma, femministe o no, non c'è remissione per il matrimonio che risulta soltanto essere uno strumento per l'oppressione delle donne, e non a caso è stato per primo il femminismo, a mettere in crisi il ruolo della famiglia nella vita di una donna per aprire la via del lavoro. 
Ma io credo ci siamo un po' tutti persi per strada, manca un pezzettino del puzzle che vorrei con questo post riesumare, sottolineando che rispetto il pensiero di tutti qualsiasi esso sia, se rispettate il mio.
Vi racconto un altro episodio. Taylor Swift, come Beyoncé lo scorso anno, è stata fortemente criticata perché pur da femminista, ha scelto di fare la colonna sonora del noto film "Cinquanta sfumature di nero". 
Ora, per quanto il film non c'entri col femminismo perché la protagonista è consenziente alle pratiche di dominazione-sottomissione, ma anche fosse contro il femminismo, Taylor Swift ha semplicemente fatto il suo lavoro da cantante...non capisco cosa ci sia di strano in ciò. Ma forse una risposta ce l'ho: non esisterà mai un puro femminismo fino a quando le donne verranno criticate per il loro lavoro. Alla colonna sonora hanno partecipato anche degli uomini, che sono con la quarta ondata invitati al dibattito femminista, ma nessuno li ha criticati per questa scelta.
È vergognoso come ancora venga messa alla gogna una donna che fa certe scelte, come potrebbe essere anche quella di essere antifemminista, e un uomo per non esserlo no. Perché un uomo può essere meno femminista di una donna e viene comunque accettato? 
Ultimamente si parla sempre più spesso di "soffitto di cristallo" dall'inglese "glass ceiling", metafora che indica una situazione in cui il raggiungimento di carriera di alto livello della donna viene impedito per discriminazioni di carattere sessuale che si frappongono come barriere insormontabili anche se apparentemente invisibili e di "mansplaining", che definisce l'atteggiamento denigratorio utilizzato da alcuni uomini durante una conversazione se l'interlocutore è una donna. Ma siamo sicuri che la colpa sia solo degli uomini? Ad esempio, il caso del glass ceiling sarebbe stato un ottimo motivo nel momento in cui non ci fosse nessuna donna ai piani alti ma per il resto dei casi, in parte dipende anche dal modo di agire della donna che non riesce ad imporsi, cosa che mi riporta al mansplaining in cui credo ci sia da parte della donna un'atteggiamento posto sulla difensiva. Se io credessi che un uomo utilizza con me questo atteggiamento, non credo la mia autostima diminuirebbe quanto la mia stima nei suoi confronti quindi non vedo dov'è il problema se lo usasse o no.
Ma soprattutto, siamo sicuri che se al posto del patriarcato ci fosse stato il matriarcato, si sarebbe mai parlato di femminismo? Patriarcato o matriarcato si parla comunque di un oppressore e un oppresso.
Insomma, essendo fortemente in bilico il motivo fondamentale per cui preferisco l'etichetta "egualitaria" al posto di quella "femminista" perché, come vedrete dopo anche il discorso di Roxane Gay che si definisce "cattiva femminista", io sarei troppo "antifemminista" per il femminismo e troppo "femminista" per l'antifemminismo; di base la maggior parte non lascia la libera scelta di promulgare il proprio femminismo.
Come avrete capito dagli altri due posti, (questo e questo, se siete interessati), ho sempre pensato che il femminismo ormai debba esistere soltanto come ideologia, poiché le donne fortunatamente hanno raggiunto gran parte delle prerogative imposte (ecco il motivo delle molteplici ondate e non una singola), un pensiero statico ognuno il proprio per salvaguardare tutti e le diversità delle proprie esperienze personali; al contrario di com'è ora, ovvero un movimento che implica la caratteristica di qualcosa che si muove e irrimediabilmente per muoversi, ha bisogno del modo in cui lo facciano muovere le persone. Pensate a quante persone ci sono nel mondo e pensate quindi alle più disparate scintille e sfumature esistano di esperienze umane connesse anche al femminismo. 
Il modo di favorire le parità pratiche non sarà lo stesso di quello per le parità ideologiche, come gli insulti prettamente femminili quali "tr*ia" (non esiste "troio"), o sarebbero stati già eliminati.
Questo è il motivo per cui ho sempre pensato che il femminismo non fosse un modo per elevare la donna nelle sue qualità, come nelle qualità di madre (quando questa scelta è voluta) ma fosse soltanto un'emulazione delle attività maschili pur di dire la propria nel mondo. La vera sfida è proprio un'altra invece, parlare da donne in quanto donne.
Le donne non dovrebbero sentirsi tirate in causa a dimostrare qualcosa quando non vogliono giusto per far vedere che "ci sono", dovrebbe essere una cosa scontata, perché non fanno che sentirsi svilite in ciò che scelgono quando scelgono non ciò che vogliono ma ciò che vogliono gli altri.
Nei casi in cui una donna decida di lavorare e di fare la madre, dovrebbero fare leggi che le tutelino e no eliminare il ruolo della madre dalla società.
Preferisco l'egualitarismo perché è contro lo stereotipo abbracciando e favorendo invece gli etichettamenti (se volete saperne di più, ecco cosa intendo) poiché le persone, che siano uomini, donne, trasgender, agender o come meglio vogliono etichettarsi, vengono analizzate in base alle proprie abilità nei vari settori, in base a ciò che dimostrano di essere. 
Nonostante molte rivendichino il diritto del termine "femminista" al posto di "egualitario", che sembrano sinonimi ma non lo sono, è grande ma allo stesso tempo riduttivo: battersi per i diritti dei neri con il "Black Lives Matter" non vuol dire battersi per i diritti per tutti ED È GIUSTO COSÌ, come è giusto che il femminismo si occupi solo di diritti delle donne quando invece l'egualitarismo si occupa di tutti, indistintamente, anche delle donne in quanto donne e persone. In questo rientra la "bugia" che il femminismo si occupa anche degli uomini e non è troppo una bugia poiché in realtà occuparsi di femminismo, ha come conseguenza occuparsi di tutti poiché alzandosi i diritti delle donne non vuol dire che si abbassano quegli uomini, ma non è l'occupazione diretta. 
Ma nonostante questo, per diverse femministe dato che le percentuali di stupro maschile sono inferiori a quelle di stupro femminile, indipendentemente dal modo in cui si analizzano le statistiche, vengono creduti come se valessero di meno. Quindi oltre non essere creduti dal loro stesso genere, nemmeno da chi dice di volerli difendere.
Nonostante esista il femminismo, gli epiteti "testa di c*zzo" sono perfettamente accettati nei discorsi per la società. Il termine "c*zzo" fa riferimento prettamente ai maschi e dire "testa di c*zzo" vuol dire che solo i maschi hanno la prerogativa di essere "stupidi" o "str*nzi". Allo stesso tempo, mi infastidisce terribilmente l'epiteto "donna con le palle" perché DA DONNA, mi piacerebbe meglio essere definita "donna con le tette" dato che le "tette" sono una prerogative femminile (per gentile concessione di Lily Allen nella canzone immediatamente sopra) poiché le "palle", prerogativa "mascolina" non deve essere l'unico sinonimo di forza e coraggio, poiché LE DONNE DA DONNE hanno perfettamente forza e coraggio senza prendersi su di se una prerogativa maschile
Ma veniamo ancora più al dunque, prettamente i motivi per cui non voglio indossare la definizione di "femminista" così come è intesa dalla parte comune della società. 
Proprio per i diritti acquistati dalle donne negli anni, è promulgata la necessità che una donna non deve avere un proprio compagno accanto. Quante volte ho sentito criticare le principesse Disney per il loro principe accanto e allo stesso tempo vengono elogiate a prescindere, tutte quelle principesse che non lo vogliono. 
Adesso, non sarebbe più semplice e gentile elogiarle comunque tutte perché ognuno di loro, in quanto donne, fanno le loro scelte? 
Vi racconto addirittura un episodio curioso che mi è capitato. 
Mulan è considerata per antonomasia la principessa femminista OLTRE CHE IN QUALSIASI MANIERA, L'ANTITESI DEL MASCHILISMO, perché ha fatto tutto ciò che le donne all'epoca non potevano fare per farne altre: ha rinunciato a comportarsi da docile mogliettina per arruolarsi in battaglia al posto del padre. Ma nonostante questo, non sono mancate le critiche da altre femministe (per questo dico che non si è mai uniti) alla canzone "Molto onore ci darai" perché cito "dà un brutto esempio alle bambine" poiché la critica è che la Disney non avrebbe dovuto assolutamente inserire una cosa del genere perché "maschilista". Beh, vi spiego meglio di cosa si parla. 
La suddetta canzone è fatta di proposito da questo punto di vista "maschilista", perché oltre che sottolineare la forza di Mulan, è una denuncia e un modo di rappresentare quella tradizione cinese che vedeva la donna come SOLO casalinga, ma ciò non vorrebbe dire che ORA la donna non possa scegliere liberamente di essere casalinga, nonostante certe teste bacate, maschi e femmine incluse, dicano che essere casalinga è sbagliato. 
EMANCIPAZIONE vuol dire "DECIDO IO" e no "decide un nuovo tipo di patriarcato femminista o matriarcato per me". Chiamatemi pure "bestia maschilista" ma tant'è, la mia posizione non cambia.
Nessuno parla che invece in quest'altra dello stesso cartone il cui titolo è "Farò di te un uomo" si parla esplicitamente di emulazione maschile nel senso che uomo o donna che sia, "maschio" vuol dire solo forza e resistenza prettamente fisica: se non sei così, non va bene. Questa non è una critica alla Disney il cui scopo è dimostrare come prima, ma a chi non se ne accorge.
Portando avanti questo stereotipo di emulazione della forza dell'uomo, la forza è solamente indicata come quella fisica e non si fanno i minimi accenni alla forza d'animo, perché questa è vista solo come debolezza.
Quindi insieme alle principesse come Elsa di "Frozen" che non hanno bisogno di nessuno accanto, ci sono quelle come Anna che desiderano inseguire l'amore. Cosa c'è di così sbagliato in ciò? Se a me piace che il mio partner mi apra la porta della macchina oppure mi bacia senza chiedermi il permesso, cosa c'è di sbagliato in ciò? Perché dovrebbe essere "sessista" solo perché lo dice il femminismo? Fortuna che non credo a questo tipo di femminismo. Se un uomo apre la portiera della macchina è perché vuole essere gentile, no perché pensa che la donna non sia in grado di farlo: di tutto ciò può accadere anche il viceversa.
Come ci sono le donne che promulgano la necessità di non avere un proprio compagno accanto, ci sono anche quelle che questa necessità la sentono e non dovrebbero sentirsi meno femministe di altre o in qualche modo screditate come "sottomesse" e condizionate dalla società patriarcale, da chi si vuole sentire trasgressivo.
Battermi per i diritti delle donne, dunque essere femminista, non deve intaccare il mio ideale di identità sociale di essere donna: se per alcune sentirsi donna vuol dire avere un lavoro indipendente, per altre poter voler dire praticare non come essi, stereotipi delle attività femminili, decidendo come e quando, se attuarli o no: motivo per cui, una casalinga non vale meno di una donna in carriera e viceversa. Se non voglio avere figli, non sono una merce rara da adorare come un santino, oppure se voglio averli, ciò non mi rende meno coraggiosa o assoggetta al patriarcato, non deve influire quindi sulle mie scelte la classica idea femminista che mi "consiglia" di non avere figli così da emularmi all'uomo che in questo campo è meglio inserito nella società, per essere socialmente accettabile fra le femministe.
A differenza dei sociologi, il femminismo quindi non si è tanto preoccupato di guardare, anche l'impatto negativo oltre che il positivo, che ha avuto sulla società riguardo i disagi di tutti, sì anche per le donne costrette a delle prerogative che vanno a loro svantaggio.
Secondo uno studio condotto anche dallo stimato Piero Angela, che potete trovare nel libro "Perché dobbiamo fare più figli. Le impensabili conseguenze del crollo delle nascite" negli ultimi decenni si è assistito al fenomeno delle "culle vuote": in sei mesi 14mila in meno (citando un articolo di qualche mese fa sul "La Repubblica") e al posto di pensare ad andare contro le campagne del Ministero (anche se fatte in malo modo) del tutto scientificamente giustificate, non si pensa che non è un fattore economico (negli anni poveri c'era un turbine di figli nelle famiglie) ma piuttosto consumistico perché "come farei a dare tutto a mio figlio?", si sente spesso dire, per questa smania femminista che diventare "madre" non può essere che un difetto, che ci porterà soltanto all'estinzione per un calcolo logico matematiche del dimezzamento. Fortuna che la campagna fu fatta da delle donne oppure chissà quante critiche ancora peggiori se al loro posto ci fossero stati uomini.
Ciò non vuol dire che la donna debba smettere di lavorare per tornare ad essere solo un'incubatrice, ma che deve essere agevolata da lavoratrice madre.
Quindi, se dovessi dare la soddisfazione alle femministe di considerarmi "femminista" al posto di egualitaria, lo sarebbe nel momento in cui battermi per i diritti delle donne, vorrebbe dire farlo in modo che siano salvaguardate in quanto donne (esseri pensanti a sé): da qualche decennio il parto è diventato più sicuro perché mentre andava avanti l'ideale femminista di emulazione dell'uomo, nessuno pensava a studiare come migliorare nella medicina le condizioni in gravidanza. Lo stesso vale per il congedo mestruale: quando si è donne, si ha inevitabilmente il ciclo mestruale, quindi perché non si può avere un permesso sul lavoro dato che non si ha una "malattia temporanea" come il mal di testa ma un vero e proprio stato fisico (che malattia nemmeno è)? Non dovrebbe interessare se questo svantaggia le donne nel lavoro a pari di un uomo, perché ci si deve battere in modo tale che non le svantaggi anche con questi privilegi e non darlo, non credo sia il modo di eliminare la discriminazione. Stessa cosa varrebbe per il "congedo per la paternità". Ma purtroppo ad oggi, sono leggi dell'altro mondo.
Voi non sareste qui, se essere madre e moglie fosse sbagliato, poi i vari modi sono discutibili da persona a persona e da un punto di vista personale. La famiglia è alla base della società. 
Da appassionata della Psicoanalisi inoltre, è degradante rinnegare le teorie del mio professionale capostipite Freud solo perché parlando di "invidia del pene", Betty Friedan, autrice femminista di "La mistica della femminilità", lo considerò un concetto maschilista. 
Per la stessa gentile scoperta dello stesso Freud, c'è già un'istanza dell'inconscio che mi dice come comportarsi, il "super io", quindi non ci dovrebbe essere il "super femminismo" del femminismo autoritario come nuovo patriarcato a dirmi come comportarmi per essere socialmente accettabile per il femminismo...no, grazie. 
Avete visto parte delle "credenze femministe" su cui non sono d'accordo, motivo per cui non posso farmi carico dell'intero bagaglio e sarebbe incoerente prenderlo a metà. 
Quindi credo ci sia troppa eterogeneità per prendermi con certezza questo peso, dato perché anche quando smuovo critiche innocenti, mi viene risposto che "no, quello non è femminismo" nonostante lo sia, anche solo in parte. È una sorta di orgoglio malsano che non fa bene al vero femminismo. 
Come non fanno bene i tentativi di opportunismo nei momenti in cui il "femminismo" viene utilizzato in cui si vogliono giustificare in maniera buonista certe condotte anche sbagliate da parte delle donne, semplicemente perché "libere". Pur senza definirmi "femminista" difendo le donne, nelle loro scelte anche quando non sono d'accordo anche quando giuste, perché si parla di rispetto. 
Credo infine che il vero trucco per raggiungere la parità dovrebbe farsi valere per le proprie abilità e no perché il sesso determina chi si è. Motivo per cui voglio quindi essere considerata come persona, indipendentemente dal fatto che io sia uomo, donna, trasgender e così via. 
Ovviamente nei commenti, sono apertissima al dialogo educato. Anzi sono parecchio interessata a sapere la vostra opinione, quindi questo è proprio un invito!
Ma prima di finire, come promesso, vi lascio questa meravigliosa testimonianza di Roxane Gay.


DISCLAIMER: Il materiale qui immediatamente sotto riportato non è di mia proprietà, dunque tengo a precisare il mio intento è semplicemente quello di RIPROPORLO per farlo arrivare a più persone possibili. Ciò che ho fatto è soltanto di averlo messo per iscritto, per coloro che vogliono più velocemente leggere piuttosto che vedere il video, su cui sono comunque attivabili i sottotitoli in italiano. Il materiale che vi propongo è di proprietà della TED.
Buona lettura!



Confessioni di una cattiva femminista di Roxane Gay

Nel definirsi "cattiva femminista", la scrittrice Roxane Gay diceva per scherzo, ammettendo di non poter essere all'altezza delle richieste di perfezione del movimento femminista. Ma ha poi capito che lo scherzo non era obiettivo. In un toccante e provocatorio intervento, chiede di accogliere tutte le varietà del femminismo, e di fare piccole scelte che, nell'insieme, possono condurre a reali cambiamenti.

Sono un fallimento come donna, sono un fallimento come femminista. Ho opinioni appassionate riguardo l'uguaglianza di genere, ma ho paura che accettare apertamente l'etichetta di "femminista"... non sarebbe giusto verso le buone femministe. Sono una femminista, ma piuttosto cattiva. E perciò mi definisco una Cattiva Femminista. O se non altro, avendo scritto un saggio, e poi un libro dal titolo "Cattiva Femminista", nelle interviste la gente ha iniziato a chiamarmi "la cattiva femminista". Ciò che era iniziato un po' per gioco tra me e me e come provocazione intenzionale, è diventato vero.
Faccio un passo indietro. Quando ero più giovane, tra l'adolescenza e i vent'anni, avevo strane idee riguardo alle femministe, donne piene di peli che odiavano gli uomini e il sesso... come se queste fossero cose negative. Oggi guardo a come le donne vengono trattate in tutto il mondo, e la rabbia, in particolare, mi pare sia la reazione più ragionevole. Ma tornando ad allora, mi preoccupava il tono che le persone usavano nell'insinuare che fossi una femminista. L'etichetta di femminista era un'accusa, era una parolaccia, non una bella parola. Fui classificata come una donna che non gioca secondo le regole, che si aspetta troppo, che si crede chissà chi e osa pensare di essere uguale, o superiore, a un uomo. Non ti va di essere tale donna ribelle, finché capisci che effettivamente sei quella donna, e non puoi immaginare di essere qualcun altro. Crescendo ho iniziato ad accettare di essere, per l'appunto, una femminista, e orgogliosa di esserlo. Per me ci sono verità ovvie: le donne sono uguali agli uomini. Meritiamo pari retribuzione per pari lavoro. Abbiamo il diritto di muoverci nel mondo come vogliamo, libere da molestie e violenza. Abbiamo diritto ad accedere a un facile ed economico controllo delle nascite, e ai servizi per la riproduzione. Abbiamo il diritto di scelta per il nostro corpo, libero da controlli legislativi o dottrine evangeliche. Abbiamo il diritto al rispetto. Ma c'è di più. 
Quando parliamo dei bisogni delle donne, dobbiamo considerare le varie identità che abbiamo. Non siamo solo donne. Siamo persone con corpi diversi, e diverse espressioni di genere, ideali, sessualità, condizione sociale, abilità e molto altro ancora. Dobbiamo prendere in considerazione queste differenze e il modo in cui ci condizionano, allo stesso modo in cui consideriamo ciò che ci accomuna. Senza questo tipo di inclusione il nostro femminismo è nulla. Per me queste verità sono ovvie, ma per essere chiari: io sono un casino. Sono piena di contraddizioni. Sono tanti i miei modi sbagliati di essere femminista. Ho un'altra confessione: in auto verso il lavoro ascolto gangsta rap a volume altissimo. Anche se i testi degradano le donne, mi offendono nel profondo. Come la nota "Salt Shaker" dei Yin Yang Twins, è fantastica. «Fallo lavorare, con la tua maglietta bagnata. Scuotilo, sgualdrina, finché quel sederone non ti fa male!» Rifletteteci. Poesia, non è vero? Sono oltremodo mortificata dalle mie scelte musicali. Credo fermamente nel lavoro dell'uomo, che è qualcosa che non voglio fare, compresi... tutti i lavori domestici, e anche: uccidere insetti, rimuovere spazzatura, giardinaggio e manutenzione di veicoli. Non voglio averci niente a che fare. Rosa è il mio colore preferito. Mi piacciono le riviste di moda e le cose carine. Guardo "The Bachelor" e le commedie romantiche, e ho assurde fantasie sulle favole che diventano realtà.
Alcune delle mie trasgressioni sono più palesi. Se una donna vuole mantenere il cognome del marito, è una sua scelta, non sta a me giudicare. Se una donna sceglie di stare a casa per crescere i figli, comprendo anche tale scelta. Il problema non è che scegliendo così si rende economicamente vulnerabile il problema è che la nostra società è costruita per rendere le donne economicamente vulnerabili se scelgono. Occupiamoci di questo. Rifiuto il femminismo classico che ha storicamente ignorato o evitato i bisogni delle donne di colore, di operaie, omosessuali e transessuali, a favore del sostegno per le donne etero bianche, di ceto medio e alto. Sentite, se questo è buon femminismo, io sono davvero una cattiva femminista. E inoltre: da femminista, sento molta pressione. Tendiamo a mettere su un piedistallo le femministe in vista. Ci aspettiamo che agiscano perfettamente. Quando ci deludono, allegramente le tiriamo giù da quello stesso piedistallo. Come ho detto, sono un casino. Consideratemi buttata giù dal piedistallo prima di provare a mettermici. Fin troppe donne, in particolare donne innovative e leader nell'industria, hanno paura di essere etichettate come femministe. Hanno paura di alzarsi e dire: "Sì, sono femminista". Temono quello che l'etichetta significhi, temono di non essere all'altezza di aspettative irreali. Prendete, per esempio, Beyoncé, o come la chiamo io, la Dea.
Si è rivelata, negli ultimi anni, una femminista famosa. Agli MTV Video Music Awards 2014, si è esibita di fronte alla parola "femminista" alta 3 metri. È stato uno spettacolo magnifico vedere questa pop star che abbraccia apertamente il femminismo e fa sapere a giovani donne e uomini che essere femministe è qualcosa da celebrare. Passato il momento, sono iniziati critiche culturali e dibattiti infiniti se Beyoncé era o non era, appunto, femminista. Hanno valutato il suo femminismo, invece di credere alla parola di una donna adulta e affermata. Pretendiamo la perfezione dalle femministe, perché stiamo ancora combattendo per tante di quelle cose e vogliamo così tanto, abbiamo talmente tanti bisogni. Andiamo ben oltre la critica ragionevole e costruttiva da dissezionare il femminismo di ogni singola donna, facendolo a pezzi finché non ne rimane nulla. Non c'è bisogno di farlo. Cattivo femminismo, o femminismo di fatto più inclusivo... è un punto di partenza. Ma che accade dopo?
Passiamo dal riconoscere le nostre imperfezioni alla responsabilità, o a fare più fatti e ad essere più coraggiose. Se ascolto musica degradante, creo una domanda alla quale gli artisti sono più che contenti di contribuire in fornitura illimitata. Questi artisti non cambieranno il modo di parlare delle donne nelle canzoni fino a quando non chiederemo un cambiamento influenzando i profitti. Di certo è difficile. Perché sono così orecchiabili?  È difficile fare la scelta migliore, ed è così facile giustificarne una peggiore. Ma... quando giustifico scelte sbagliate, rendo più difficile per le donne ottenere l'uguaglianza, quell'uguaglianza che tutti meritiamo, e mi preme ammetterlo. Penso alle mie nipotine, di 3 e 4 anni. Sono due bambine splendide, risolute, molto sveglie e anche molto coraggiose. Voglio che crescano in un mondo che le consideri creature forti, quali sono. Penso a loro e all'improvviso fare la scelta migliore diventa di gran lunga più facile. Tutti possiamo fare scelte migliori.
Possiamo cambiare canale quando un programma in TV tratta la violenza sessuale contro le donne come uno sport, Game of Thrones. Possiamo cambiare stazione radio quando sentiamo canzoni che trattano le donne come nulllità. Possiamo spendere altrove i nostri soldi per il cinema quando i film trattano le donne nient'altro che come oggetti decorativi; possiamo smettere di sostenere gli sport professionistici in cui gli atleti trattano i partner come sacchi da boxe. (Applausi) In altri ambiti, gli uomini, specialmente bianchi ed etero, possono dire: "No, non vado in stampa con la tua rivista, o partecipo al tuo progetto, o lavoro in altro modo con te, finché non includerai un giusto numero di donne sia a partecipare che a prendere decisioni. Non lavorerò con te finché la tua pubblicazione, o la tua organizzazione, non includerà tutti i tipi di diversità". Quelli di noi che sono sottorappresentati e invitati a partecipare a questi progetti, possono anche rifiutarsi di essere inclusi finché altri di noi non sono invitati oltre il soffitto di cristallo e non siamo più pedine. Senza questi sforzi, senza prendere queste posizioni, i nostri traguardi significheranno ben poco. Possiamo impegnarci in questi piccoli atti di coraggio e sperare che le nostre scelte arrivino in alto, alle persone al potere: editori, produttori di film e musica, CEO, legislatori, persone che possono fare scelte più grandi e coraggiose per creare durevoli e significativi cambiamenti. Possiamo anche con coraggio definire il nostro femminismo buono, cattivo o di mezzo. L'ultima frase nel mio libro "Bad Feminist" dice: «Preferisco essere una cattiva femminista che non esserlo affatto.» Questo è vero per tante ragioni, ma innanzitutto, dico questo perché una volta la voce mi fu rubata, e il femminismo mi ha aiutato a riprendermela. Ci fu un incidente.
Lo chiamo incidente così posso portare il peso di quanto accadde. Dei ragazzi mi annientarono quando ero così giovane da non sapere come i ragazzi potessero annientare una ragazza. Mi trattarono come fossi niente. Cominciai a credere di essere niente. Si presero la mia voce, e dopo non osavo credere che qualsiasi cosa dicevo potesse contare. Ma... avevo la scrittura.
E allora riscrissi me stessa. Scrissi di me verso una più forte versione di me. Ho letto parole di donne che potevano comprendere storie come la mia, e donne che erano come me, che capivano come fosse muoversi nel mondo con la pelle scura. Ho letto parole di donne che mi mostrarono che non ero "niente". Ho imparato a scrivere come loro, e poi ho imparato a scrivere come me stessa. Ho ritrovato la voce, e ho iniziato a credere che la mia voce fosse potente oltre i limiti. Tramite la scrittura e il femminismo ho capito anche di essere un po' coraggiosa, un'altra donna può ascoltarmi, vedermi e riconoscere che nessuna di noi è quel "niente" che il mondo vuole convincerci di essere. In una mano ho il potere di ottenere qualsiasi cosa, e nell'altra tengo l'umile consapevolezza di essere solo una donna. Sono una cattiva femminista, sono una brava donna, cerco di diventare migliore nel modo di pensare e in ciò che dico e faccio, senza abbandonare tutto ciò che mi rende umana. Spero che possiamo fare tutti lo stesso. Spero che possiamo tutti essere più coraggiosi nel momento in cui ne abbiamo bisogno. 


Translated by Letizia Pedicini 
Reviewed by Patrizia Romeo Tomasini

© Nessun intento di violare la copyright, testo e traduzione a cura di TED.

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