sabato 26 novembre 2016

STOP FATPHOBIA


Come già sapete, uno degli intenti del mio blog è abbattere con l'educazione e la cultura qualsiasi tipo di discriminazione, e il bodyshaming è una parte delle discriminazioni a cui noi tutti siamo sottoposti. 
In particolar modo voglio concentrarmi sul fatshaming, E NO perché credo che lo thinshaming non esista, ma perché credo che secondo gli standard sociali statisticamente il fatshaming è ha livelli molto più alti del thinshaming, di cui me ne occuperò comunque dato che fa tanto schifo quanto il fatshaming; oltre il fatto che è le più alte percentuali sono delle donne, perché il corpo della donna per natura è stato creato per contenere più massa grassa, ma ovviamente ciò non vuol dire che gli uomini ne siano esenti. Questo post è dunque rivolto a tutti, di ogni genere e di ogni età!
Trovo questo discorso di questa attivista australiana particolarmente interessante e soprattutto, inspiratorio. Non scordatevi mai, di essere ciò che decidete di essere senza alcun condizionamento sociale. 



DISCLAIMER: Nessun materiale in questo post, da ora in poi è di mia proprietà, dunque tengo a precisare il mio intento è semplicemente quello di RIPROPORLO per farlo arrivare a più persone possibili. Ciò che ho fatto è soltanto di averlo messo per iscritto, per coloro che vogliono più velocemente leggere piuttosto che vedere il video, su cui sono comunque attivabili i sottotitoli in italiano. Tutto il materiale che vi propongo è di proprietà della TEDx Talks.
Buona lettura!



La paura del Grasso - il vero elefante nella stanza, 
di Kelli Jean Drinkwater

NE ABBIAMO ABBASTANZA DELLA PAURA DEL GRASSO!

In una società ossessionata con l'immagine che dà il proprio corpo e segnata dalla paura del grasso, Kelli Jean Drinkwater si impegna in una radicale politica del corpo attraverso l'arte. Confronta la pubblica percezione dei corpi grassi portandoli in posti che precedentemente erano off limits - dalle passerelle della moda al Sidney Festival - richiamando a guardare di nuovo e ripensare ai noi pregiudizi. "Corpi grassi felici possono influire sulla mente delle persone", afferma.


Sono qui oggi per parlarvi di una piccola e potente realtà, di una condizione che la gente eviterebbe ad ogni costo. Di una paura che sorregge perfino le industrie milionarie, e coloro che ne sono inevitabilmente coinvolti sono abbandonati alle intemperie di questa minaccia inarrestabile.
Non so se qualcuno l'ha notato, ma io sono una donna grassa. Non una di quelle da suscitare sottili borbottii, né una di quelle che chiamereste soffice o paffuta. Non sono neanche quel genere più sofisticato, formoso o sinuoso. 
Non addolciamoci la pillola. Io sono letteralmente una donna G-R-A-S-S-A. Io sono l'elefante nella stanza. Quando sono salita sul palco, alcuni di voi avranno pensato: "Oh, sarà divertente, perché tutti sanno che le persone grasse sono divertenti". 
Oppure: "Come fa questa donna a sentirsi così sicura?" Perché non si penserebbe mai a una donna grassa sicura di sé. Quelli con spiccato senso del gusto avranno forse pensato che questo vestito mi stia d'incanto -- grazie mille!
Mentre, magari, altri di voi avranno pensato: "Uhm, il nero l'avrebbe snellita".
Vi sarete domandati consapevolmente o no, se ho il diabete, un compagno, se mangio carboidrati dopo le 19.00.
Magari anche voi avrete ripensato alla vostra cena di ieri sera, e che dovreste rinnovare l'iscrizione in palestra.
Questi sono messaggi subdoli. E possono essere rivolti a persone singole o in gruppo, possono essere anche diretti a noi stessi. Questo è quello che si definisce grassofobia. 
Come ogni forma di oppressione, la grassofobia è ben radicata in meccanismi complessi quali capitalismo, patriarcato e razzismo, che offuscano e lasciano la gente sola ad affrontare questa lotta. Viviamo in un mondo in cui grasso è indice di persona brutta: è come essere pigri, avidi, malati, irresponsabili e mentalmente deboli. Mentre la magrezza è vista come un bene universale e i magri responsabili, di successo, sanno gestire la fame, il corpo e la vita. Tutto ciò è tramandato dai media, dai ministeri della pubblica sanità e dai medici, e ne sentiamo parlare così tanto ogni giorno, da averne assimilato i preconcetti. Perché allora non incolpare i grassi dal loro senso di discriminazione? Se non fossero contenti potrebbero scegliere di perdere peso, no? Facile! Questa lotta contro il grasso è diventata così radicale, così radicata nei nostri giudizi che solo di rado ci si chiede perché si provi tanto disprezzo per le persone "di taglia forte" e da dove venga questo disdegno. 
Eppure dovremmo domandarcelo, perché l'importanza che diamo al nostro aspetto influisce su tutti. Vogliamo veramente vivere in una società in cui alla gente vengano negati i diritti umani se non aderiscono ad una forma arbitraria di "accettabilità"?
Quando avevo 6 anni, mia sorella insegnava danza a delle ragazzine nel garage. Ero un po' più alta e più grossa della maggior parte del gruppo. E per la nostra prima esibizione, ero così emozionata di indossare un bellissimo tutù rosa. Avrei fatto scintille. Mentre le altre ragazze entravano nelle loro creazioni di lycra e tulle, nessun tutù era abbastanza grande da calzarmi. Ero determinata a non essere esclusa da quell'esibizione, andai da mia madre e dissi a voce tanto alta da farmi sentire da tutti: "Mamma, non ho bisogno di un tutù, me ne servono due in uno!"
Grazie, mamma. 
E sebbene al tempo non me ne rendessi conto, farmi spazio con quel meraviglioso doppio-tutù fu il mio primo passo per diventare un'attivista radicale. 
Ora, non dico che l'idea di amare appieno il mio corpo sia stato un passaggio facile nel percorso dell'autoaccettazione a partire da quel lontano giorno di scuola fino ad oggi. Ho imparato in fretta che vivere fuori da cosa si considera normale può essere frustrante ed emarginante. Ho passato gli ultimi 20 anni smontando e rimodulando questi messaggi: sembrava di essere sulle montagne russe. Sono stata derisa e insultata persino dalle macchine che passavano, mi è stato detto che ero abominevole. Ma ricevo anche sorrisi dagli sconosciuti che comprendevano la difficoltà di camminare per strada e saltellare a testa alta.
In tutto questo, la ragazzina di 6 anni mi è rimasta accanto, e mi ha aiutata a sentirmi oggi orgogliosa di essere grassa, una persona che si rifiuta di imparare il solito copione, che istruisce ad agire nel mondo con un corpo come questo. 
E non sono l'unica. Sono parte di una comunità internazionale che ha scelto, anziché accettare passivamente che i nostri corpi siano e probabilmente diventino sempre più grandi, ha scelto di brillare in questi corpi così come appaiono oggi. La gente  ammira la nostra forza e lavora con, e non contro, le nostre convinzioni, è gente che valuta la salute come qualcosa di olistico piuttosto che come grafici numerici ricavati dall'IMC. Per noi salute mentale, autostima e quello che sentiamo dentro sono aspetti vitali del nostro benessere generale. Ci rifiutiamo di credere che vivere in questi corpi grassi sia una barriera. 
Medici, accademici e blogger hanno dedicato volumi alle varie sfaccettature di questa complicata materia. I "fat-shionistas" rivendicano i loro corpi, la loro bellezza indossando costumi e top super scollati, mostrando la ciccia che di solito ci viene chiesto di nascondere. Atleti grassi corrono maratone, insegnano yoga o kick-boxing, i tutto con il dito medio ben disposto. E loro mi hanno insegnato che una politica radicale combatte una cultura che incita alla vergogna del corpo.
Ma per essere chiari, non sto dicendo che la gente non dovrebbe cambiare corpo, se lo vuole. Rivendicare se stessi è uno degli atti più straordinari d'amore per se stessi e si può fare in milioni di modi diversi: acconciatura, tatuaggi, silhouette, cura degli ormoni, chirurgia e sì, anche perdita di peso.
È semplice: è il tuo corpo, e sei tu a decidere cosa è meglio farci. 
Il mio modo di impegnarmi nell'attivismo è fare tutto quello che noi ciccioni non dovremmo fare, coinvolgere altre persone a unirsi a me e farne un'opera d'arte. La maggiore difficoltà di questo nostro sforzo è stata la rivendicazione di alcuni luoghi spesso non accessibili a dei corpi più grossi, dalle passerelle alle discoteche, dalle piscine pubbliche ai palchi di danza più illustri. Richiedere più spazio di massa non è solo artisticamente potente, è anche un invito al radicalismo. Cosa assolutamente vera per "Aquaporko"; con delle amiche formai una squadra di nuoto sincronizzato a Sidney. E lo stupore di aver visto un gruppo di ribelli, delle donne grasse con costumi e cappellini floreali che muovevano le gambe in aria senza alcuna grazia non è da sottovalutare.
Nella mia carriera ho capito che i corpi grassi sono per natura attivisti e che dei corpi grassi possono influire sulla mente delle persone. Quando il direttore Kate Champion dall'acclamata compagnia teatrale di danza Force Majeure mi chiese di fare il direttore artistico in un'opera di ballerini grassi, presi l'occasione al volo. E dico, letteralmente. "Nothing to Lose" è un lavoro svolto in collaborazione con dei sarti che attingevano dalle loro esperienze per creare un'opera diversificata e autentica come ognuno di noi. Era qualcosa di molto lontano dalla danza come potrete immaginare. 
Un baletto per grassi tenuto da una compagnia così prestigiosa fu, per dirlo con garbo, controverso: nulla di simile era mai accaduto sui palcoscenici più importanti di tutto il mondo. 
La gente era scettica. "Cosa intendi per ballerini grassi?", "Tipo taglia 42? taglia 44?", "Dove hanno studiato danza?", "Avranno abbastanza resistenza per un'intera esecuzione?" 
Ma nonostante lo scetticismo tutto esaurito per "Nothing to Lose" al festival di Sidney. Abbiamo ricevuto fantastiche recensioni, viaggi, riconoscimenti e hanno scritto di noi in più 27 lingue. Hanno visto le incredibili immagini del nostro cast in tutto il mondo. Ho perso il conto di quante persone di tutte le taglie mi avessero detto che lo spettacolo le aveva cambiate, e aveva cambiato le loro relazioni con il proprio corpo e quello degli altri, e come li avesse portati a confrontarsi con i loro pregiudizi. 
Ma naturalmente, ciò che incita la gente suscita la reazione opposta. Mi è stato detto che sto glorificando l'obesità. Ho ricevuto violente minacce di morte e abusi per aver osato creare lavori incentrati sulle vite e sui corpi della gente grassa che ci definiscono essere umani con importanti storie da raccontare. Mi hanno anche chiamata "L'ISIS dell'obesità epidemica" -- un commento così assurdo e divertente. Ma questo significa anche panico, il terrore assoluto che la paura di essere grassi può evocare. È questa paura che nutre l'industria dietetica, che tiene lontani molti di noi dal far pace col proprio corpo, in attesa di essere la foto del "dopo" prima di iniziare a vivere. Perché l'unico elefante nella stanza qui è la grassofobia. L'attivismo si rifiuta di indugiare su questa paura. Esortando al'autodeterminazione e al rispetto per tutti noi, possiamo porre fine alla riluttanza e accettare la diversità iniziando a esaltare i nostri corpi in tutti gli infiniti modi possibili. 
Grazie.

© Nessun intento di violare la copyright, testo e traduzione a cura di TEDx Talks.

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