domenica 20 novembre 2016

"Non ho bisogno dello psicologo!" // EAD n. 2

Perché esistono gli stereotipi sui psicologi e gli stigma sulle malattie mentali?

Lo ammetto, scrivo questo post perché sono di parte oltre perché ritengo sia giusto educare e sensibilizzare riguardo questa cosa; siccome ho sempre sognato di diventare psicologa, da sempre mi sono ritrovata con lo stereotipo dello psicologo come colui che "cura i pazzi", alimentato senza dubbio dai film e dai vari media. Dai, è storica la figura cinematografica del "psichiatra pazzo", ma vi vorrei far accorgere che qui siamo nella vita reale e non in un film della Warner Bros. 
Tornando seria, da amante della psicologia, il modo in cui la figura dello psicologo è considerata, è una tematica a cui tengo parecchio. 
Tempo fa, la scintilla che ha fatto scoccare la mia arrabbiatura, sempre rimanendo in tema con questa sorta di "condizionamento mediatico" da cui voglio iniziare a parlare per ampliare il mio discorso, è stato aver scoperto un libro, di cui non dirò il nome per evitare asti (tanto di questo genere, non è l'unico), che ha una visione deliberatamente discriminatoria nei confronti della figura dello psicologo. Ovviamente per scarso interesse, non ho letto questo libro ma ho letto solo le recensioni in cui è stato messo in risalto questo problema; il mio intento non è quindi promuovere il pregiudizio dicendovi di saltare a conclusioni affrettate quando vi parlano gli altri di qualcosa, ma mettere in risalto questo tema e non parlarvi del libro stesso o giudicarlo in alcun modo: dimenticatevi che la scintilla sia un libro e concentratevi sul mio parlar dello stereotipo.



Sinceramente, non posso sopportare di fronte a tutta questa emancipazione da terzo millennio che nel 2016, c'è ancora chi pensa che lo psicologo sia uno "strizzacervelli", manco se dai pazienti tirasse fuori una limonata e chi va lì, è pazzo. Siete fortunati se non siete rimasti frustrati di fronte alla frase "non sono pazzo, non ho bisogno dello psicologo" oppure "sei pazzo, devi andare dallo psicologo!", perché a me purtroppo è salita l'arrabbiatura un sacco di volte, arrabbiatura che avrei dovuto evitare per mantenere la mia salute psicofisica, dato che tengo a questo tema. Ciò di cui vi voglio parlare in questo post è dunque l'idea che ha della società della figura dello psicologo, il modo in cui viene concepita sia la psicologia, che chi ha a che fare con problemi di tipo psicologico.
Se l'autore del film/libro/telefilm o quel che sia in questione la pensa o no così, non mi interessa come non mi interessa se magari ciò è solo una solfa per costruire la storia di cui vuole parlare, perché denigrare e ridurre la figura dello psicologo in tal maniera non è giusto come non è giusto che la maggior parte delle volte, la figura della società è basata su dicerie altrui. Purtroppo ancora siamo nei livelli in cui per certe persone è difficile superare ed è più facile affidarsi ai pregiudizi che "rischiare" di conoscere

Questo libro che intendo parla di un ragazzo che chiameremo Bobby, che ha un disturbo bipolare che tenta più volte il suicidio e viene "aiutato" solo dallo psicologo della scuola ad affrontare questi suoi problemi, infatti alla fine si suicida perché in realtà nessuno fa niente per lui, nemmeno la famiglia ma solo la fidanzatina di turno. Intenzionale o no, questo è il messaggio che passa: "se hai un problema mentale, sei fritto". Ehm? 
Prendendo in esame questo specifico libro, poiché l'immagine che dà è la più stereotipata che esista e che quindi posso estendere cercando di ampliare il discorso, credo che questo come altri diano un'immagine falsata di cosa sia la sofferenza psichica. 


I disturbi mentali non sono un qualcosa da prendere alla leggera perché quando davvero seri, debilitano decisamente la vita intima, sentimentale, sociale e anche lavorativa di una persona in maniera incisiva e non sono risolvibili con uno schiocco di dita, oltre che così facilmente categorizzabili. 
Questo discorso vale anche per ciò che riguarda lo "stigma" ovvero quando queste persone vengono liquidate facilmente poiché il loro problema non è qualcosa che si manifesta "concretamente", come può manifestarsi un livido, oppure quando vengono addirittura isolate perché malate. Avete mai pensato ad isolare qualcuno con un braccio rotto? Non credo, quindi perché una persona che soffre di depressione ad esempio, non viene considerata di pari dignità a chi ha un braccio rotto? Oppure quante volte capita che ad una persona depressa le venga detto "maddai, sei solo triste, esci un po'!" Ehm, no! Non si risolve così.

Ritornando alla trama del libro, credo che una cosa è parlare di un trauma subito che cambia il modo di vedere la vita, in cui quindi l'autore esamina il modo di reagire, un'altra è prendere in causa un disturbo psichico senza averne le conoscenze o quantomeno dimostrarle, quello che capita sempre poiché la psicologia è una delle materie più attraccate da coloro che si sentono "tuttologi". Non non lo siete, per diventare psicologi c'è bisogno di una laurea ma soprattutto tanto impegno!
In questa trama, l'unico psicologo che "aiuta" questo ragazzo è quello della scuola che per quanto bravo possa essere, se si ha un problema psichico, si va da uno psicologo specifico e no da uno qualunque. Molti che invece la pensano così non credono nella psicologia e quindi non credono nella figura di chi la pratica di conseguenza; capisco che può capitare che esistano psicologi che non sanno fare il proprio lavoro, come esistono i medici, gli avvocati, etc. perché la capacità di fare qualcosa non dipende dal lavoro ma dalla persona stessa, oppure che siano interessati solo ai profitti ma se il paziente non si trova in empatia, la cosa più semplice da fare è CAMBIARE psicologo e non generalizzare su tutti
L'intento dell'autore (muahaha, vi tengo sulle spine e non vi dirò se è maschio o femmina) è stato utilizzare il pretesto per attirare la compassione e l'adorazione sul protagonista maschile, empatia di chi si dispera perché il protagonista viene trattato come un reietto da tutti, nemmeno preso sul serio dal suo "psicologo", sminuendo (anche involontariamente forse) la figura di chi fa davvero, nella vita reale, un lavoro serio perché non tutte le ragazzine che leggono gli YA (young adult), il genere a cui appartiene questo libro, hanno la capacità di capire e aprire la mente su ciò che le circonda, purtroppo. Gravi falle del genere possono pregiudicare l'intera lettura di certi argomenti a chi è più sensibile ad essi. In questi casi è più facile immedesimarsi poiché viene avviato un processo di "introiezione", come quello che accade quando succede qualcosa di brutto nel mondo e tutti sulle proprie bacheche di Facebook incominciano a scrivere "je suis paris" e inconsciamente arriva il messaggio "questo potrebbe accadere pure a me o a qualcuno a me vicino", toccando così maggiormente, rispetto ad una risata o ad un concetto filosofico/politico, quella che è la natura empatica dell'uomo di immedesimarsi. 

Il trucco "mediatico" di attirare l'attenzione sulla propria opera in questa maniera piace soltanto chi trova del fascino in qualcuno che fa del baratro più totale una filosofia di vita, vedere la "Sindrome della Crocerossina" in cui chi è in difficoltà fa pena e deve essere protetto e no aiutato concretamente se non personalmente, come ad esempio consigliandogli di andare da chi ne ha le competenze, sbeffeggiando inoltre chi ha realmente problemi da un punto di vista fisiologico e non soltanto a parole. 
Il tragico compito di questo tipo di libri è quello di amalgamare il dolore, processo più vicino rispetto alla felicità per l'uomo poiché più incisivo e debilitante, da cui ci si cerca di allontanare al contrario della felicità, che non se ne ha mai abbastanza, dolore che in questo modo diventa "collettivo"
Nel caso di questo libro dunque, in cui il protagonista soffre di bipolarismo, ci si dovrebbe aspettare un'elaborazione della cura a livello terapeutico per saper dare speranza a chi legge il libro e soffre, o conosce qualcuno che soffre, di questa patologia ma all'autore piace soltanto sottolineare che l'unica cosa da fare è racchiudersi nell'amore (che è giusta ma NON SOLO) questo perché come concetto è romantico e altrimenti non adescherebbe nessuno, ma appunto insieme all'amore ci sono altre qualità che definiscono e devono definire quel tipo amore
Diverso sarebbe stato se questo autore avesse raccontato di una storia in cui di un trauma si racconta come il protagonista reagisce alla vita, come lo si fa nonostante ciò che succede nella propria testa, unica realtà che può essere presa in considerazione, dando così una comprensione a chi legge e ignora il problema (per questo è importante saperne parlare mettendo in conto che chi legge sa come non può sapere) di quante quante sfumature possano risiedere in ognuno di noi, che queste siano a livello neurologico oppure psicologico non importa, perché la cosa importante è che siamo tutti ESSERI UMANI
Vi siete mai chiesti perché un dente cariato non viene mai curato dal vicino di casa ma per un problema a carattere psicologico si fa domanda al primo che passa? È così difficile capire che su due livelli diversi, ma sono la stessa cosa una malattia psichica e una malattia fisica?

Essere malati NON È BELLO E AFFASCINANTE, È UN PROBLEMA CHE DEVE ESSERE RISOLTO per vivere meglio, quindi per il rispetto del malato non è giusto che lo si consideri così, come un cucciolo ferito. La depressione o il bipolarismo, come le altre malattie adescate dai libretti, al contrario di come vengono "risolti" in questi non devono essere visti come una cosa "sexy". Il suicidio è un sintomo di reale sofferenza e no di chi sta cercando attenzioni perché fa i capricci e non si sente "compreso". 
Capisco di essere passata da più argomenti in un unico discorso, ma il mio intento era muovere una profonda critica e delusione nei confronti di come viene trattato lo stereotipo della psicologia, sperando che in questa maniera a causa mia rivaluterete informandovi dove meglio convenite, in siti che sono davvero seri, nel caso siete condizionati dalle percezioni della società: in sostanza, questo post è avere un pretesto per affrontare un argomento che purtroppo non affronta nessuno, parlando in generale, definito come categorizzazione degli stereotipi (come cerco di fare anche negli altri post), in questo caso nei confronti degli psicologi e delle malattie mentali. In sostanza la mia cattiva opinione sta nel fatto di come spesso si descrive uno psicologo affrontare la relazione con un paziente, in cui credo si debbano rivedere di parecchio le conoscenze di molti. 


Anche il target a cui è rivolto questo libro, quello dei "giovani adulti", ragazzi che sono nell'arco dell'adolescenza, uno dei periodi più difficili della vita dal punto di vista formativo è molto importante, ed è molto pericoloso far passare certi messaggi, perché si è nel momento clou della vita in cui si deve decidere la svolta che si vuole prendere per non restare con un pugno di mosche in mano, quindi qualsiasi cosa può diventare anche involontariamente ciò che ti guida. Accidenti se non è pericoloso, proprio su questo si basa su come si svolgerà la vita da adulti! Tutte le esperienze accumulate determineranno come si agirà nell'arco di tempo successivo, integrate ovviamente a cosa ciò ti mette di fronte la vita. Fa paura pensarci, lo so.
Capisco che raccontare di un protagonista che alla fine si suicida possa voler essere indice di raccontare la vita nuda e cruda com'è, ma se si vuol prendere questa direzione si deve saper fare. Volendo parlare di un disturbo mentale come quello del bipolarismo, mi pare ovvio pretendere che mi si parli di psicologia e psicologici, o potrei credere in una dose di superficialità nell'argomentazione. In questo caso, l'intento dell'autore è stato semplicemente quello di costruire una storia su cui quindicenni hanno il bisogno di cercare il loro supereroe da libro utilizzando l'espediente del ragazzo maltrattato dallo psicologo, cosa che mi disturba un pochino. Un pochino molto. Un pochino assai. 
Se si vuole davvero scrivere un libro con cui si sente il bisogno di aiutare le persone (spero sia stato l'intento innocente dell'autore), a maggior ragione si debba insistere sul fatto che se si vuole essere davvero in salute, si debba consigliare di andare da qualcuno che ha le competenze per "riportare sulla giusta strada", perché andare dallo psicologo non vuol dire lo stesso di andare a sfogarsi con l'amico, perché alla base di disturbi mentali ci sono fattori fisiologici risolvibili da un punto di vista medicinale oppure mentali, curabili soltanto con delle buone terapie comportamentali studiate scientificamente. Usare l'introiezione, utilizzata nel modo di raccontare questo libro, per aiutare non è un ottimo modo perché chi soffre di disturbi, che crede di potersi sentire capito da libri capita in libri così che fanno passare il messaggio che "lo psicologo non può sempre aiutare", è magari all'inizio e incomincerà a credere che nessuno possa aiutarlo, cosa totalmente non vera
Non voglio far passare ovviamente il messaggio che la psicologia gode di una bacchetta magica perché non è vero, anche la terapia psicologica è fatta di alti e bassi o non rispecchierebbe la realtà della nostra mente, costruita a spirale con passi avanti, regressioni e fissazioni continue. 
Pubblicare un libro, come il continuare a tramandare questo genere di stereotipi, è un processo delicatissimo perché le parole sono in grado di "manipolare" la mente
Credo che il motivo per cui ci sono tanti giovani e adulti che non parlano dei loro problemi mentali e non si lasciano aiutare, è proprio perché non c'è una cultura all'educazione della salute nella mente delle persone, e di certo libri ed opinioni come quelli che attraversano questo libro, aiutano ad alimentarla, mettendo a dura prova la mia dannazione in materia. 

Mettendo un secondo di lato le persone che non hanno reali disturbi mentali ma prendendo ora in causa solo chi ha una sorta di atteggiamenti devianti e che per essere risolti basterebbe fare qualche seduta, perché sì, lo psicologo non aiuta solo i "malati mentali" ma TUTTI, quelli che non sono portati a pensare "lo psicologo non mi può fare nulla" a causa della loro malattia ma solo da uno stereotipo sociale a cui sono condizionati, che quindi potrebbero avere una vita migliore e decidono di non averla perché pensano che lo psicologo "curi solo i pazzi" e "loro non sono pazzi", non ho molto da fare se non dire che sono problemi loro perché oltre denunciare libri e stereotipi del genere, di fronte a chi vuole ascoltarmi perché non costringo nessuno, non posso fare altro. 
Ho centrato il punto. Lo psicologo non può costringere perché non è un intruso e lo sarebbe solo nel caso in cui davvero costringesse i pazienti a curarsi, come capita di vedere nei film con i manicomi il cui unico scopo è alimentare l'ignoranza in materia, perché in realtà il primo passo deve farlo il paziente e alla base di una buona cura psicologica è la totale fiducia nello psicologo, ovvero il buon caro e freudiano "transfert". 
Ripeto che quindi non è mia intenzione quella di dire che lo psicologo sia un supereroe ma ciò non toglie che un reale aiuto, la psicologia lo offre e proprio perché credo che siamo fortunati che esista una disciplina così fantastica e gratificante, non vedo perché non debba essere messa a frutto e pensare che sia solo un espediente, una prova del nove e non una reale soluzione al miglioramento della vita. Lo psicologo non ha il compito di creare un "nuovo uomo" o una società migliore perché non si può scrivere sul nero, sul già "scritto", ma credo fortemente e voglio dare questa speranza alle persone dicendo che le cose possono cambiare e migliorare, almeno un pochino, nella loro vita perché io per prima sono stata salvata dalla psicologia, che mi continua inoltre a salvare ogni giorno. 
Le persone invece che davvero, a causa o non della loro malattia, non sanno come chiedere aiuto, sono consapevole del fatto che al giorno d'oggi ci sono molti che optano per il suicidio, per l'alcol, per la droga, per il fumo etc. perché superando l'istinto di conservazione, quale più "pericoloso"o quale "meno", sono la vie più semplici. Vi prometto che la psicologia troverà cure più incisive anche per queste tipologie di problemi, partendo dall'eliminare certi stereotipi.
Allo stesso tempo infatti, mi fanno rabbia quelli che pensano che coloro che prendono questa decisione sono "egoisti" o "stupidi": no, non lo sono perché sono un sacco di fattori che si intersecano che li portano a ciò, non immaginate quanti. E mi fa allo stesso modo rabbia chiunque arriva a giudicare o categorizzare un'altra persona perché ha un problema non nel fisico ma nella mente. 
Il medioevo è finito da un bel po', l'Umanesimo pure, quindi togliamo di mezzo lo stereotipo che l'essere umano è un essere perfetto perché non è così e che quindi chi ha un problema non visibilmente concreto, dico visibilmente perché un problema mentale non si può "vedere" come i gradi su un termometro o "toccare" come una fronte accaldata ma concreto lo è eccome, non valga tanto quanto chi non lo ha.
Il mio monito è dunque quello di consigliarvi che prima di parlare in merito di cose importanti come la salute delle persone, quando non le conoscete, se non è per dare speranza, di starvi zitti e far parlare e ascoltare chi ha qualcosa soltanto buono da dare.

Per concludere, ecco un video che spero vi sarà utile come a completamento di questo post, ovvero la testimonianza di una persona che non è di parte come me per gli psicologi perché non è psicologa, ma semplicemente paziente che ha fiducia in essa come prova che sì, si può avere fiducia nella psicologia al contrario di quanto vogliono farvi credere

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